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"I paesaggi, gli alberi, i diversi personaggi, uomini, donne cose lasciano all'inizio incerti nella loro decifrazione. La grande maestria del segno anziché portare a soluzioni compiute, univoche, a una sorta, diciamo così, di realismo quasi atemporale, trasmette al contrario una sensazione di inquietudine, entro un contesto che rifiuta di definirsi in un qui e ora. Questa poetica in qualche modo avvicina le opere di Francesco Parimbelli a quelle di Alberto Giacometti, che pur entro una diversa temperie culturale e in una visione più laica e potremmo dire, più disincantata, evoca a sua volta le sue figure da un buio che non è buio, da un vuoto che non è vuoto, conservando nel segno morbido e nelle tracce sovrapposte dell'opera in fieri i segni di una perenne ricerca e approssimazione all'essenza dei soggetti ritratti." (Giulia Raboni)